mercoledì 21 gennaio 2009

Are you such a dreamer to put the world to rights?


Nel lontano 2001 un album dei Radiohead cominciava con queste profetiche parole; intuizione o chiaroveggenza non ci è dato di saperlo però possiamo sempre stare con chi dice che il lavoro di un artista è capire il proprio tempo. In quel periodo era appena scoppiata la bolla sui tecnologici ed erano appena crollate, con le Twin Towers, tutte le certezze della prima potenza mondiale. Non andava benissimo. Ma una coraggiosa ripresa aveva fatto tornare il sorriso a molti nel giro di pochi anni, soprattutto in borsa dove i listini rapidamente riIsalirono ben oltre le aspettative “razionali”.
Due anni fa quella situazione sembrava lontana, sebbene l’economia reale a stelle e strisce non stesse attraversando il suo momento migliore, poi è iniziato tutto. Non è mia intenzione trattare dei fatti ma una piccola digressione sugli errori del sistema bancario va fatta perché si è tentato di fare qualcosa d’impossibile; si è tentato di credere che 2 + 2 facesse sempre 5, il titolo della canzone da cui è tratta la strofa ( 2+2=5 ), questa volta però non è stato il Grande Fratello con la sua stanza 101 ma il Grande Profitto con le immense possibilità che ci concede la nostra libertà e l’invenzione delle SPV; però i risk managers, un po’ la psicopoliza di Orwell, avevano di certo sopravvalutato la loro bravura nel commisurare la probabilità di fallimento o l’esposizione al momento del fallimento, il che si traduce in un errore di stima del rischio, così tristemente 2+2 non ha fatto più sempre 5 ed il sistema della cessione del credito attraverso la cartolarizzazione si è rivoltato proprio contro chi l’aveva creato, con le disastrose conseguenze che sappiamo.
Oggi siamo consci del fatto che quella equazione e la spasmodica ricerca da parte del sistema bancario di ottenere profitti, laddove non si potrebbe, sono pericolosamente irrazionali; anche sconsiderati se vuoi fondarci un mondo sopra. Stiamo provando sulla nostra pelle le conseguenze della pretesa di modificare a piacimento la realtà, non a caso 1984 è stato sempre definito il romanzo dell’utopia negativa, ma soprattutto stiamo assistendo ad un fenomeno ben più radicale, un qualcosa che ci riporta indietro di 80 anni (1929).
La dimostrazione di fragilità delle banche ha infatti acuito la sfiducia della gente nei confronti del sistema finanziario ma se in precedenza con l’olio di gomito ci si era sempre ripresi oggi l’alacrità della crisi, testimoniata dal crollo dei listini nel 2008 nel più generalizzato dei “si salvi chi può, prima le donne ed i bambini, no no prima io prima io”, sembra aver minato la fiducia di tutti; e non c’è nulla di peggio per una banca, probabilmente. E’ intrinseco che affidare i propri risparmi a qualcun altro abbia come premessa la necessaria fiducia ed è oltremodo palese che di questi tempi la fiducia nel sistema bancario stia scemando. Una situazione del genere è però non poco problematica perché da una parte c’è l’immobilismo delle banche, che non vogliono rischiare i propri “risparmi”, e dall’altra c’è la fuga dei consumatori, fomentata dallo stesso sentimento; questo immobilismo però si sta drammaticamente trasmettendo sull’economia reale, usando un’abusata iperbole, come un cancro che debilita un corpo sano.
Poi è arrivato Lui, quello che in molti considerano l’uomo della provvidenza, il suo motto ha conquistato l’epicentro della crisi, il cuore del tumore; un motto facile ma d’effetto, di quelli che piacciono oltreoceano, “Yes We Can” . Barak Obama ha rapidamente surclassato lo ieraticismo dei suoi antagonisti che veniva di certo percepito dall’opinione pubblica anche come l’attaccamento al passato ed alle lobbies, quindi anche al sistema bancario, e lo ha fatto col positivismo e con quell’aria da sognatore che strizza l’occhio al sacro concetto del Sogno Americano.
“Yes We Can” poi era un motto che stava bene sulla bocca di tutti, dal broker che non se la spassava più tanto a Manhattan, alle banche che raccoglievano i cocci di altre banche, ai giovani che non vedevano più così roseo il loro futuro, all’ultimo contadino dell’Arkansas che doveva anche lui raccogliere il grano e qualche coccio di banca. Tutti loro sono stati per un giorno, dentro il seggio elettorale, dei così grandi sognatori da voler mettere il mondo a posto ed hanno deciso di dare fiducia a quello che sembra il nostro Winston Smith, “l’ultimo Uomo d’Europa” alias il pensatore fuori dal coro.
Ieri l’uomo della provvidenza è diventato ufficialmente il quarantaquattresimo presidente eletto degli USA; la speranza di un “Obama Deal” può trasformari in qualcosa di reale ma l’avvento della sua era passa anche attraverso il rinnovarsi della fiducia verso il sistema finanziario, che rimane un’indispensabile fonte di sostentamento per il libero mercato. Le crisi sono tali perché sono il manifestarsi di qualcosa d’inaspettato ma la fiducia non va persa perché il mondo si è rialzato negli anni trenta, si è rialzato negli anni settanta, si è rialzato nei primi anni novanta e può farlo di nuovo, bisogna però darla ed averla questa fiducia, bisogna smettere di avere paura e ricominciare a vivere. Bisogna investire nel futuro e garantire un presente senza dimenticare gli errori del passato. Bisogna cogliere le possibilità e risolvere l’equazione che ci fornirà la panacea. Durante il discorso di Obama, ieri, nella mia mente si è prodotta la strana commistione tra realtà e orwelliana finzione ed ho pensato: “Quasi inconsciamente, Winston Obama, scrisse con le dita sul tavolo coperto di polvere: 2+2 = x“.

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