martedì 2 marzo 2010

Cenni giuridici sulle BCC

Vedremo ora come è nata e come si è la sviluppata la giurisprudenza intorno al tema della società cooperativa e più direttamente sulle BCC.

L’ingresso del fenomeno cooperativo nell’ordinamento giuridico italiano è avvenuto oltre un secolo fa, precisamente con il Codice di Commercio del 1882. Va detto però che in quel testo normativo non si faceva ancora riferimento alla mutualità delle cooperative e si provvedeva a differenziarle dalle altre società prendendo a base la variabilità del capitale sociale delle prime

E’ solo con l’approvazione del Codice Civile del 1942 che si stabilisce che lo scopo mutualistico rappresenta l’elemento distintivo più importante delle cooperative rispetto alle altre società. A proposito di ciò si disse incisivamente che lo scopo mutualistico è il pilastro di natura funzionale su cui poggiava la disciplina giuridica delle cooperative

Nel Codice esse vengono così regolate nel Titolo VI del Libro del Lavoro, dove, l’art. 2511 dispone:<< Le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico iscritte presso l’albo delle società cooperative di cui all’art. 2512, secondo comma e all’art. 223 sexiesdecies delle disposizioni per l’attuazione del codice civile >>( articolo così modificato dall’art. 10, comma 1°, L. 23 luglio 2009 n. 99). Lo scopo mutualistico è ribadito subito dopo dall’art. 2515, comma 2°, Cod. civ., che a sua volta recita:<< L’indicazione di cooperativa non può essere usata da società che non hanno scopo mutualistico>>.

E’ dunque nella mutualità, vero e proprio presupposto legale di questa forma organizzativa, che, normalmente, s’individua il carattere essenziale della cooperativa. Ad esso s’impressero due caratterizzazioni: con la prima si disse che sussisteva scopo mutualistico allorquando i soci della cooperativa fossero mossi dall’obbiettivo di diventare utenti diretti dell’attività economica svolta dalla loro società; con la seconda si affermò che vi era altresì scopo mutualistico quando la maggior parte dell’attività della cooperativa era svolta con i soci. I due momenti appena descritti venivano spesso accostati ad altre definizioni in cui si suddistingueva lo scopo mutualistico. A proposito della prima delle due caratterizzazioni si parlava di scopo astrattamente mutualistico mentre con riferimento alla seconda si utilizzava lo scopo concretamente mutualistico.

Va detto che la successiva legislazione ha travolto entrambi questi punti.

Con più diretto riferimento alle BCC occorre ricordare che la loro prima timida apparizione nell’ordinamento giuridico italiano risale al 1887 (nell’ambito della disciplina del credito agrario). Ma è solo nel 1932 che viene varata la prima regolamentazione organica. Benché, in ogni caso, non si parlasse di scopo mutualistico, il più utilizzato fra gli Statuti di BCC era quello elaborato da don Luigi Cerutti uno dei pionieri del credito cooperativo italiano che stabiliva che questo tipo di cooperative dovessero esercitare la loro attività soltanto con i soci.

Con la L. 6 giugno 1932 n. 656 venne stabilito che ciascuna banca dovesse essere composta da almeno l’80% di agricoltori e artigiani, avere per oggetto reale l’esercizio del credito agrario, impiegare le risorse disponibili per attività attinenti l’agricoltura, preferibilmente dei soci, e infine operare solo nel Comune ove aveva la sede.

Altre leggi che incisero sulla nozione di scopo mutualistico furono il r.d. 26 agosto 1937 n. 1706 (TUCRA) e poi la L. 4 agosto 1955 n. 707.

Venendo al diritto vigente, esso è segnato dal d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385 che abrogò il TUCRA e prevalse sulla disciplina codicistica dettata dagli artt. 2511 e segg.

In questi ultimi articolati normativi, ai fini del presente lavoro, emerge che la compagine sociale deve essere costituita solo da soci cooperatori che devono risiedere, avere sede ovvero operare con carattere di continuità nel territorio competente della banca stessa (art. 34, comma 2°, T.U.B.).

E’ dunque grazie al diritto bancario che il “territorio di competenza” diventa il fondamentale precetto di congiunzione tra impresa bancaria e mutualità.

martedì 23 febbraio 2010

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domenica 14 febbraio 2010

Casse rurali e il rapporto con il territorio


Il forte rapporto tra comunità e cassa rurale si traduce in un importante circolo virtuoso, in cui i risparmi vengono gestiti dalla banca che ha ottenuto la fiducia degli investitori e che finanzia le attività imprenditoriali della comunità stessa. Il denaro risparmiato dalla clientela trentina, non viene erogato a istituzioni lontane o a progetti che nulla hanno a che vedere con la comunità stessa ma ad attività trentine, che successivamente genereranno utili, più posti di lavoro e quindi più consumo e risparmio. E tutto ciò senza considerare che parte degli utili bancari dovranno essere reinvestiti sul territorio in attività benefiche e utili alla società. Si crea quindi un doppio effetto positivo che va ad impattare positivamente sull’economia del luogo. Tale discorso non vale per le banche tradizionali, che non avendo alcun principio localistico che le regge, non hanno l’obbligo di reinvestire i risparmi nel territorio che li ha generati, e quindi tale doppio effetto non si crea.

Questo sistema risulta fondamentale per garantire sviluppo e crescita economica. Le casse rurali in Trentino quindi risultano essere il motore fondamentale dello sviluppo economico. Alla distanza dalle dinamiche internazionali della finanza milanese, i trentini hanno risposto con una forte cooperazione sia in campo

Nel 2008, nonostante l’anno buio della finanza internazionale, la raccolta presso la clientela da parte delle casse rurali trentine è stata di circa €12 Mld, in aumento di circa €1,6 Mld. Questo ha permesso un’erogazione di finanziamenti pari a circa €11,2 Mld, una enorme quantità di denaro che ha permesso all’economia trentina di resistere alle tensioni finanziarie di questo periodo

Per quanto riguarda invece la beneficienza che ha effetti più facilmente intuibili possiamo dire che in generale nel 2008 sono stati erogati €21,7 Mln, in diminuzione di circa il 10% rispetto all’anno precedente.

Le voci che hanno subito un taglio maggiore sono state quelle i cui beneficiari finali erano i soci, ovvero “Promozione e Sviluppo cooperativo” e le “Attività ricreative a favore dei soci”, mentre tutte le altre voci sono cresciute, soprattutto l’istituzione di borse di studio e i finanziamenti alla formazione dei giovani trentini. Grandi donazioni anche alla protezione civile locale e allo sport trentino. Importante anche l’iniziativa di istituire polizze assicurative gratuite per i meno abbienti.

Vediamo come ogni iniziativa del genere rafforza il rapporto con la comunità e ciò è anche importante poiché può stemperare quelle che sono le antipatie nei confronti delle banche. In Trentino la banca ha una funzione sociale ed economica molto importante, forse più che in altre zone d’ Italia.